Ogni volta che si infiamma il dibattito sulle tasse, la voce di chi chiede maggiori controlli nei confronti degli evasori si fa più forte. Effettivamente, se tutti pagassero la propria parte all’Erario non ci sarebbe alcun bisogno dei continui rincari sulla tassazione dei cittadini. Lo stesso discorso può essere traslato con tranquillità al mondo del mattone: le ultime notizie in merito alle “case fantasma” lo confermano.
I fabbricati sconosciuti valgono 288 milioni
Hanno fatto discutere, in questi giorni, i risultati di un’operazione condotta per conto dell’Agenzia delle entrate sui fabbricati sconosciuti al Catasto: sono emersi quasi cinquecentomila immobili “fantasma” (492mila per l’esattezza), per cui non vi è alcuna corrispondenza nella banca dati catastale. Numeri enormi, questi, che secondo i calcoli del Fisco sono responsabili di un ammanco nelle casse dello stato di 288 milioni di euro.
Pensare che un immobile possa rimanere nascosto allo Stato, in tempi in cui è semplicissimo monitorare un territorio dall’alto grazie a software a disposizione di tutti, è un po’ ingenuo. Ma intanto gli evasori avevano fatto finta di niente per anni, almeno fino ad oggi. L’indagine, realizzata mettendo a confronto le mappe del catasto con le immagini aeree a disposizione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura – a cui sono stati aggiunti numerosi sopralluoghi all’esterno degli edifici individuati – ha permesso di trovare sia gli immobili per nulla presenti nelle banche dati del catasto, sia quelli accatastati in maniera differente dalla realtà. Parliamo di case, ma anche di box auto, magazzini, fino ad arrivare ad intere palazzine e capannoni industriali o agricoli.
In attesa che arrivi l’accatastamento definitivo, per questi immobili verrà attribuita d’ufficio una rendita provvisoria, presunta in base a dimensioni, condizione e collocazione, a cui corrisponderà il pagamento delle tasse.
I numeri per il Fisco
In numeri, la somma delle rendite di immobili che differiscono dal loro accatastamento (1,26 milioni, in tutto, le unità immobiliari emerse) porta alla considerevole cifra di 825 milioni di euro: non pochi, ovviamente, soprattutto in una fase in cui lo Stato prova a fare i conti con la cancellazione dell’Imu. Nel dettaglio, già 537 milioni di euro sono certi, dato che in molti casi i proprietari degli immobili sono stati invitati a sanare il proprio debito con il Fisco, presentando gli atti di aggiornamento; restano presunti i 288 milioni già citati, che corrispondono ad immobili per cui non vi è stato alcun accatastamento volontario entro il 30 novembre scorso, data ultima degli accertamenti.
Le “nuove” case rappresentano una vera e propria fonte di introiti per il fisco: il gettito complessivo che è stato quantificato in 589 milioni di euro in più, una cifra davvero imponente. Di questi, ben 444 milioni verrebbero raccolti sotto forma di Imu, 137 come Irpef (e cedolare secca) e 7,5 sotto forma di imposta di registro per quel che riguarda i canoni di locazione. Senza considerare gli arretrati, per i quali occorrerà ancora capire i criteri per la riscossione.
Cosa accade adesso
L’operazione è il risultato di un lungo lavoro, durato circa sette anni – di cui vi avevamo dato conto anche noi parecchio tempo fa – e che appare come una delle azioni di lotta all’evasione più imponente dell’ultimo decennio. Restano, tuttavia, parecchi dubbi su cosa accadrà adesso a questi immobili: molti di questi, infatti, oltre che ignoti sono anche abusivi e, com’è giusto, andrebbero demoliti. Come verranno gestite queste azioni? Quale ruolo avranno i Comuni, responsabili del territorio? Che dire, poi, degli immobili abbandonati: rintracciare i responsabili del pagamento delle imposte sarà impresa più che ardua per molte delle unità sotto indagine del Fisco.
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